Per fare le cose fatte bene, potrei iniziare questo post dandovi una definizione esaustiva del termine Hipster. Potrei parlarvi della sua etimologia o della sua evoluzione negli anni. Potrei usare parole come 'interiorità individuale', 'anticonformismo', 'baffi' o 'Tumblr'. Ma non lo farò perché le definizioni oggettive e le etichette non sono Hipster...Per niente! Poi fare le cose perché 'è così che si fa' è l'anti-cristo per eccellenza.
(Se volete, comunque, cliccate su Hipster per un paio di articoli belli).
Come potete intuire, io mi sento abbastanza vicina a questa cultura (per quello che può significare il termine dal mio punto di vista) ma è stata una propensione ad un tipo di vita che ho 'fatto mia' da poco. Negli ultimi anni, infatti, ho fatto uno shift che nemmeno Bruce Jenner e ho rivisto profondamente le mie priorità di vita, propendendo verso attività e modi di pensare un po' più 'distaccati', consapevoli, aperti e, lo ammetto, anche un po' insofferenti e vanitosi.
Per esplorare questo lato della mia personalità, allora, me ne sono tornata nella mia amata/odiata Londra, per farmi tutti i mercatini vintage, giri in bicicletta e chiacchere rilassate del caso...Perchè London, diciamolo, è l'habitat naturale dell'Hipster: c'è la cultura musicale e artistica giusta, tante realtà di aggregazione, ha le piste ciclabili che funzionano! e, qui lo dico qui lo nego, un certo benessere economico.
C'è l'imbarazzo della scelta! e il bello è che la città è in continua crescita e cambia faccia in continuazione. Devo dire, poi, che l'attenzione dell'offerta ristorativa e delle attività socio-economiche verso l' identità e l'autencità piuttosto che verso il profitto è tangibile.